Ci sono i due pilastri che abbiamo individuato. Possiamo considerarle delle super-risorse, perché nel momento in cui accediamo a esse otteniamo un’ampia serie di benefici di cui si giova, in un colpo solo, ogni altro nostro punto di forza, crescendo e potenziandosi.
Possiamo considerarli i due pilastri della leadership al femminile: l’empatia e la vulnerabilità.
Eccoli...
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Il primo pilastro: l’empatia
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Prendi una penna e un foglio e annota più rapidamente che puoi le tue venti più grandi virtù, possibilmente senza mai staccare la punta dal foglio e senza fermarti a pensarci su troppo. In fin dei conti perché dovresti?
È di te che stiamo parlando, quindi della persona che conosci meglio in assoluto, giusto? Ok, procedi con l’esercizio prima di continuare a leggere. Fatto? Brava (sperando che tu non abbia barato).
Adesso volta il foglio o prendine un altro e scrivi con la massima rapidità e senza alzare la penna i tuoi venti principali difetti.
Scritti? Perfetto! Com’è andata? È stato facile o hai faticato più del previsto? Hai trovato più semplice elencare i tuoi punti di forza o i punti deboli?
In base alla nostra esperienza, e non solo nostra, ci sono ampie possibilità che ti sia stato più arduo trovare i tuoi pregi che i tuoi limiti. È anche possibile che tu abbia smesso di scrivere prima di elencare venti punti di forza, perché non te ne veniva in mente più nessuno, e questo nonostante tu ne abbia sicuramente molti di più!
Questo che cosa ci rivela?
Che molto spesso siamo noi le prime a essere severe con noi stesse, al punto che nemmeno ricordiamo tutte le straordinarie prerogative che fanno di noi donne uniche e irripetibili. Per essere leader al femminile dobbiamo imparare a liberare la nostra empatia, ma non ci riusciremo mai del tutto se non cominceremo dalla compassione e dalla comprensione che dobbiamo a noi stesse.
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Il secondo pilastro: la vulnerabilità
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Quando la donna dimostra al di là di ogni dubbio di essere
una leader, i termini con cui la si descrive mettono in evidenza
caratteristiche tutt’altro che femminili. Le Amazzoni senza
seno, le donne con attributi maschili e le signore invulnerabili
come il ferro.
Invulnerabili?
Che le donne possano essere dure è certo, che possano essere
anche invulnerabili è più che altro una gigantesca, nonché improduttiva,
illusione.
Da dove arriva questa idea che i
leader debbano essere «a prova di proiettile»?
Il mito dell’invulnerabilità ha dato origine ad aspirazioni in
cui gli uomini hanno indugiato e indugiano tuttora. Da sempre
l’umanità attribuisce il requisito dell’invulnerabilità, benché incompleta,
agli eroi in cui ama rispecchiarsi.
Il peggio è che con questa idea in testa siamo andati avanti
molto a lungo, fino a oggi.
E noi donne come la mettiamo al riguardo?
Dal punto di vista fisico
siamo più deboli, questo è un fatto. Ma siamo anche più vulnerabili?
Non necessariamente. La vulnerabilità è in realtà una
condizione che per lungo tempo è stata intesa come debolezza.
Ma è proprio così?
Tutti noi siamo deboli. Tutti noi abbiamo delle aree di miglioramento
ossia la possibilità di migliorare gli aspetti personali
che ostacolano i nostri risultati. Tutti a volte ci sentiamo degli
stracci.
La debolezza, non è uno stato patologico, è una condizione
umana.
In quanto donne, siamo state tacciate per secoli di essere il «sesso
debole», meno razionali, più emotive, più deboli fisicamente,
soggette a sbalzi d’umore e per questo imprevedibili.
Abbiamo
sempre dovuto fare i conti con la percezione di essere svantaggiate
fisicamente, emotivamente e perfino cognitivamente. Tutte enormi baggianate. Questo non vuol dire, però,
che noi donne non abbiamo ancora un po’ di strada da fare, per
sentirci davvero alla pari. In particolare nel mondo del lavoro.